Valle del Colca… inizia il viaggio nelle altitudini!
Alle 7:30 abbiamo lasciato l’hotel e questa volta ci è venuto a prendere Ronald, la guida di peruresponsabile che ci ha accompagnato fino a Chivay, nella valle del Colca.
In questo viaggio, lungo circa 150 km, abbiamo condiviso il pulmino con altri compagni di viaggio provenienti da altre parti del mondo.
Dopo una breve sosta in un bar subito fuori la città, abbiamo ripreso il viaggio su una strada in salita (la 34A) in mezzo alle montagne, strada che pare arrivi fino in Brasile!
Durante la strada verso la valle del Colca, Ronald ci ha spiegato come dovevamo assumere le foglie di coca, cioè: metterle tra la guancia e i denti e masticare fino a quando la parte della bocca comincia ad addormentarsi.
Tutti avevamo le nostre foglie e tutti abbiamo seguito diligentemente le indicazioni della nostra guida.
Devo dire che la coca è insapore e il succo che esce durante la masticazione è gustoso. Devo dire che quello che non mi è piaciuto sono stati i pezzetti di coca che s’infilano tra i denti.
Marina aveva comprato anche le caramelle di coca e sicuramente le ho preferite di più insieme alle caramelle di limone che avevo comprato io.
Arrivate alla Riserva Nazionale di Salinas y Aguada Blanca (circa 4.300 m slm).
Ronald ha fatto fermare il furgone e prima di farci scendere ci ha raccomandato di non fare i movimenti bruschi e di muoverci con calma.
In caso di problemi o di giramenti di testa e soprattutto se avevamo difficoltà a respirare era chiaro che avremmo dovuto avvisarlo immediatamente.
Siamo scese e in verità nessuna di noi ha avuto alcun tipo di problema… sarà stata la coca?
Davanti a noi avevamo un panorama meraviglioso, una pianura immensa con i vulcani Misti e Pichu Pichu sulla destra e il vulcano Chachani sulla sinistra.
Nella pianura si intravedevano anche diversi camelidi peruviani, perlopiù “Vicuñas”.
Ronald ci ha spiegato che las vicuñas (vigogne) sono selvatiche, animali timidi, non addomesticati, e per questo protetti dal governo.
Potevamo fotografarli a distanza ma non potevamo avvicinarci per nessun motivo. Ce ne erano tantissime, grandi e piccole, pascolavano in lontananza vicino a piccoli laghi dove si abbeveravano.
Abbiamo proseguito per fermarci poco più avanti in una piazzola, dove c’erano alcune donne vestite con abiti tradizionali che vendevano prodotti tessili deposti sul terreno come in un mercato.
Con loro c’erano anche alpaca e lama, di tutti i colori e dimensioni, alcuni giravano lì intorno, altri erano seduti e altri mangiavano indisturbati, abituati agli uomini e soprattutto ai turisti.
Con noi c’erano altri pulmini con turisti e ognuno di noi si è fotografato con questi simpatici animali, tutti con un nastrino colorato attaccato alle orecchie. Avevo paura che sputassero e invece sono stati molto educati e pazienti con tutti. Ed eravamo tanti!
Abbiamo proseguito per la nostra strada e siamo arrivate al “Bosque de piedra Imapa”.
Li c’è una trattoria alla buona e dove abbiamo mangiato un panino e bevuto il “Triple mate”, un infuso di tre erbe tra cui la coca.
Anche qui c’erano i locali sono vestiti con abiti tipici peruviani che vendevano: maglioni, cuscini, e tutto ciò che viene realizzato con la lana di alpaca.
Abbiamo sostato per un’ora circa, il tempo per abituarci all’altitudine che man mano era sempre più alta.
Altra fermata al passo di Patapampa più precisamente al “Mirador de Chucura” o mirador de los volcanes (4910m s.l.m.).
E’ un posto magnifico, da li abbiamo visto gli 8 vulcani della zona, vulcano Ubinas (5675 m), vulcano Misti (5822 m), vulcano Chachani (6075 m), vulcano Ampato (6310 m), vulcano Huaca Huaca (6025 m), vulcano Mismi (5597 m) da dove ha origine il Rio delle Amazzoni, vulcano Chucura (5360 m), vulcano Sabancaya (5976 m) vulcano ancora attivo che dal 1995 erutta gas e a volte cenere.
Intorno al Mirador c’erano le “Apachetas” (pietre una sopra l’altra) Ronald ci ha detto che era un’usanza dei pre-inca come offerta alle divinità dei vulcani.
Abbiamo fotografato vulcano per vulcano, soprattutto il Sabancaya che eruttava nuvole grigiastre visibili lungo tutto il tratto stradale fino alla valle del Colca e Chivay.
Non abbiamo avuto problemi con l’altitudine a parte un po’ di affaticamento nei movimenti, ma per il resto è andato tutto bene, neanche un mal di testa!
Ronald ci ha invitato a risalire in auto per andare a pranzo a Chivay, nella valle del Colca. Dal passo di Patapampa la strada ha cominciato a scendere.
Oltrepassata una montagna si è aperto davanti a noi il panorama mozzafiato della valle del Colca.
Una grande valle con terrazzamenti ovunque. Paesetti di poche case che distavano pochi chilometri tra loro e intorno separati da fazzoletti di terra di vari colori con confini fatti da muretti a secco.
Il fiume Colca che attraversava tutta la valle come una lunga arteria.
Alpaca e lama che giravano nei loro recinti di pietra e contadini che zappavano la terra con vecchie zappe.
Di sicuro la valle del Colca è la più bella valle che abbia mai visto!
Siamo andate a pranzare in un ristorante a buffet “Qhapaq Nan” a Chivay per soli trentacinque soles.
Dopo un lauto pranzo, Ronald ci ha accompagnate in hotel, la “Casa Andina Standard Colca”, un posto molto carino dove le camere sono gruppi di piccole villette a schiera, tipo bungalow, poste in modo da formare una piccola piazza con al centro con una fontana.
C’è anche un osservatorio che purtroppo era chiuso.
Dopo aver portato le nostre valigie nella “villa” assegnataci, abbiamo indossato il costume da bagno e preso gli asciugamani per andare alle terme naturali che distano circa 3 km, ovviamente accompagnate da Ronald!
Il sole stava tramontando e l’aria era fresca tanto da necessitare il giubbino.
Ronald ci ha spiegato che nella valle del Colca ci sono tante zone con acque termali con tante piscine utilizzate quotidianamente dai residenti, soprattutto di notte, quando la temperatura esterna è rigida.
Ci siamo incamminate con lui verso una di queste terme, attraverso un sentiero sterrato in mezzo alle montagne della valle del Colca dove sentivamo scorrere il fiume a pochi metri dalla strada. In cinque minuti siamo arrivate all’entrata dei “Baños Termales La Calera”.
La sorgente di queste acque termali naturali proviene dal vulcano Cotallumi dove sgorga ad una temperatura di 80° e arriva alle piscine di Chivay ad una temperatura di 38°.
Queste acque contengono un’altissima percentuale di calcio, zinco e ferro.
Sta di fatto che ci siamo infilate nell’acqua calda in mezzo alle montagne con gli unici suoni di una musica andina in sottofondo e il fiume che scorreva sotto di noi.
La piscina dove ci siamo immerse era grande e intorno c’erano armadietti colorati, dove depositare gli oggetti personali.
Nell’acqua si distinguevano nettamente i turisti dai residenti, ovviamente, ma la cosa più incredibile era il rispetto per la quiete, nessuno urlava o parlava a voce alta, solamente musica andina e rumore del fiume.
Ci siamo riposate e rigenerate!
Ronald da lontano ci ha fatto segno che purtroppo dovevamo rientrare e così, nostro malgrado, siamo uscite da quelle acque calde per ritrovarci al freddo rigido. Ci siamo asciugate e rivestite in un lampo!
Ripartite verso la cittadina, abbiamo preferito scendere alla piazza centrale per fare una passeggiata per le vie di Chivay. Il sole era sparito da un pezzo e l’aria era fredda!
Abbiamo fatto un giro per il mercato coperto della via principale alla ricerca di un “sombrero” (per me), ma a parte i tipici copricapi peruviani di lana con i lacci ai lati non ho trovato quello che cercavo.
Siamo rientrate passeggiando per le vie solo in parte asfaltate, case basse e vecchie, un solo benzinaio e, finalmente, il nostro hotel.
Abbiamo deciso di non cenare per via del pranzo pesante e una digestione ancora faticosa, anche se forse la causa poteva essere attribuita all’altitudine che provoca, tra le altre cose, una lenta digestione.
Siamo andate a letto subito perché l’indomani dovevamo essere pronte per la Cruz del Condor, con le valigie fuori dall’hotel, alle 5 di mattina.
Consigliato:– Indossare gli occhiali da sole! |