5 febbraio 2018 – lunedì
Chiara e io ci siamo svegliate alle 8:00, abbiamo preso il caffè e abbiamo cominciato a prepararci per la partenza.
Altra giornata splendida e calda.
Marina e Anna Rita saranno andate a Masada, soprattutto, avranno travato aperto?
Alle 5,30, dopo che la sveglia era suonata alle 4 della notte e dopo 20 minuti di macchina nel buio più totale, avevano temuto il peggio… il cancello era chiuso e non c’era nessuno nei paraggi!
Dopo poco, sopraggiungeva un’altra macchina con un signore, armato, e suo figlio che avevano avuto la stessa indicazione sull’orario d’apertura.
Fortunatamente non era un turista straniero ma israeliano, per cui ha suonato e parlato con qualcuno all’interno del gabbiotto, che li ha tranquillizzati sull’effettiva possibilità di visitare il luogo, dovevano solo aspettare le prime luci dell’alba, non aprono se c’è ancora buio, per una questione di sicurezza.
Dopo aver acquistato i biglietto, sono entrate, hanno parcheggiato in un piazzale e hanno cominciato l’ascesa alle rovine, che si trovano sulla sommità e a cui si accede prima da un breve sentiero e poi da una impegnativa scala di legno sul fianco della collina.
Arrivate in cima, lo spettacolo ripaga della fatica e dell’alzataccia!
Il cielo, completamente sgombro di nuvole, inizia a colorarsi di tutte le sfumature dell’arcobaleno, in una progressione mozzafiato.
Sistemate le macchine fotografiche proprio sul dirupo. Il Sentiero del Serpente si delineava in basso, seguito dal Mar Morto e, infine, dalle coste della Giordania con la roccia che si tingeva dei raggi del sole che spuntavano da dietro le montagne.
All’orizzonte l’evolversi dell’aurora e poi l’alba…
Uno spettacolo indimenticabile!
Dopo un milione di foto, con il sole ormai alto e dopo aver visitato il sito archeologico, hanno deciso di prendere la strada del ritorno, in tempo per fare una breve colazione e ripartire per Tel Aviv.
Verso le 9:30 abbiamo caricato la macchina e siamo partite. Abbiamo preso, di nuovo la strada n. 6 per rientrare a Tel Aviv, curiose di vedere Giaffa.
Il viaggio è stato molto tranquillo.
Nei pressi della città abbiamo impostato il navigatore con l’indirizzo del Rena’s House (3, Simtat Beit Habad) dove, da Roma, avevamo prenotato due camere.
Quando siamo arrivate era troppo presto e le camere non erano ancora disponibili. La ragazza alla reception ci ha mostrato su una cartina come arrivare a Giaffa (Yafo in ebraico) e dove parcheggiare.
Ci ha anche detto che si mangiava bene un po’ ovunque in quella zona.
Abbiamo deciso di lasciare le valigie alla reception e andare a Gaffa a pranzare. Abbiamo seguito le indicazioni della receptionist e, lasciata la macchina in un parcheggio vicino al porto (20shk per tre ore), ci siamo incamminate sulla riviera.
Ci siamo fermate al Goldman Sea-Food-Bar Abbiamo preso degli aperitivi a base di pesce, buoni ma cari! Abbiamo speso 455,60 Shekel
A Tel Aviv non era caldo come in Giudea e dopo pranzo il giubbino ci stava proprio bene.
Siamo arrivate a Giaffa e ci siamo infilate in un vicolo che saliva verso il centro.
Era molto carino, antico ma ben tenuto, le vie pulite, le porte e finestre delle case erano di colore blu o marrone.
Abbiamo camminato fino in cima alla collina al parco Ha’Pisga da dove si può contemplare la città sottostante e dove c’era un arco bianco costituito da tre grandi pietre ognuna delle quali era raffigurato: la caduta di Gerico, il sogno di Giacobbe e il sacrificio di Isacco.
Da quel punto si vedeva tutta la riviera di Tel Aviv, lunghe spiagge a semicerchio, e in fondo il porto turistico con le barche ormeggiate.
Si era fatta l’ora di rientrare per vedere le camere prenotate.
La nostra stanza era in offerta, non avevamo capito perché quando era stata prenotata da Roma, ma una volta alla reception, ci hanno spiegato che nell’isolato proprio attaccato al Rena’s House dal lato dove ci avevano assegnato la camera, stavano facendo i lavori per la metropolitana.
La perforatrice lavorava giorno e notte senza mai fermarsi. Siamo andate in stanza a sentire se il rumore era veramente insopportabile e devo dire che almeno a quell’ora (le 18:00) non sembrava si sentisse tanto frastuono o addirittura vibrazioni.
Chiara e io abbiamo accettato quella camera che, tra l’altro, era molto grande, pulita, curata nei dettagli e giovanile… ci piaceva.
Marina e Anna Rita invece hanno avuto dei problemi con la loro e hanno deciso di cambiare e sono state spostate al piano superiore in una camera un pochino più piccola.
Dopo aver salutato la receptionist, che ci ha accompagnato a vedere tutte e tre le sistemazioni disponibili, abbiamo, per l’ennesima volta, aperto le valigie, ci siamo rilassate e organizzate per la cena.
L’appuntamento per la cena era alle 8:30, abbiamo avuto tutto il tempo di rilassarci. La struttura aveva il wifi e durante queste due ore di relax ho curiosato su internet a proposito dei vini in Israele.
Avrei voluto provare un vino ebraico, della zona.
Finalmente le 20:30. Marina e Anna Rita sono scese a chiamarci e siamo uscite. Avevano trovato un posto, sempre consigliato dalla Lonely, di cucina Yemenita, non avendo mai provato questa cucina ci siamo dette perché no.
Il locale il Saluf & Sons era vicino al Rena’s House e fortunatamente era rimasto un tavolo vuoto.
Anzi era mezzo vuoto. A quanto pare è usanza, in Yemen credo, che si condivida il tavolo con il resto dei commensali.
Ci siamo sedute e abbiamo ordinato 4 zuppe: tre con la carne e una con i fagioli. Molto buone! Ci hanno portato il pane yemenita, era come un frisbee di gomma morbida, e 4 gustose birre. Per ultimo abbiamo diviso un dessert a base di yogurt che era eccezionale.
La cena è costata 274 Shekel, economica in confronto al pranzo!
Mentre rientravamo al B&B abbiamo visto molti locali e tantissimi giovani, ovunque c’erano ragazzi e ragazzi seduti nei pub o nei tavolini all’esterno. Anche qui alcuni avevano il mitra a tracolla.
Decisamente Israele è un paese di giovani.